La neoplasia prostatica è attualmente la prima neoplasia solida più frequente nell’uomo non fumatore e rappresenta circa il 15% -20% di tutte le neoplasie di cui si fa diagnosi. Il principale fattore di rischio è rappresentato dall’età. Raro negli uomini al di sotto dei 40 anni, diventa comune con l’avanzare dell’età, con una età media al momento della diagnosi di 65 anni.
Sintomi del tumore alla prostata
La diagnosi di neoplasia prostatica è per lo più incidentale, in quanto la malattia decorre asintomatica nella quasi totalità dei pazienti. È quindi consigliabile effettuare dopo i 40 anni una visita specialistica urologica nel corso della quale verrà effettuata una esplorazione rettale che consentirà di valutare le dimensioni, la forma e la consistenza della prostata. Questo esame di primo livello va sempre associato ad un esame ematochimico, il PSA - l’Antigene Prostatico Specifico - di cui va monitorato nel tempo il progressivo aumento, ma soprattutto la rapidità con cui aumentano i suoi valori nel tempo. I livelli ematici di PSA possono variare per svariati motivi, che nulla hanno a che vedere con il tumore. Questo può verificarsi nei casi di voluminosa ipertrofia prostatica benigna ma soprattutto nelle prostatiti. Per tale ragione, quando si osserva un valore di PSA elevato, è prudenziale sottoporsi ad esami diagnostici più approfonditi.
Cosa fare in caso di sospetto tumore della prostata
Il primo esame modicamente invasivo che va effettuato è l’ecografia prostatica transrettale. Con questa diagnostica per immagini, assai diffusa, di facile effettuazione, ripetibile, si può già precocemente diagnosticare la presenza di aree sospette e proporre un approfondimento diagnostico con imaging di secondo livello, come la risonanza magnetica della prostata.
Questa indagine rappresenta una particolare tipologia di esame, che prevede l’acquisizione di immagini della prostata seriate, ognuna delle quali fornisce precise informazioni sulla anatomia e la struttura della ghiandola prostatica. Oltre alla valutazione morfologica della ghiandola prostatica e delle strutture circostanti che si ottiene mediante sequenze denominate T2, devono essere acquisiti altri due parametri, ovvero la diffusione - una mappa della densità delle cellule prostatiche, che aumenta in caso di neoplasia - e la perfusione, che viene studiata mediante somministrazione di un particolare contrasto che definisce una mappa della vascolarizzazione della prostata, che si altera in caso di neoplasie prostatiche.
L’esame risulta particolarmente complesso e va eseguito in centri con provata esperienza. Per definire il rischio di riscontro di neoplasia, sono state codificate delle linee guida internazionali, definite PI-RADS, per l’esecuzione e la refertazione dell’esame mpMRI della prostata, che permettono una valutazione il più possibile oggettiva delle lesioni prostatiche. Al riscontro delle lesioni viene assegnato uno score compreso tra 1 e 5, che rappresenta un indice probabilistico di riscontro di positività neoplastica. La mpMRI rappresenta il gold standard nella diagnostica per immagini nello studio e nella identificazione delle neoplasie di origine prostatica.
Una volta che si genera un sospetto diagnostico per neoplasia prostatica, bisogna realizzare un prelievo bioptico per esame istologico, che permetta di avvalorare la tesi. Tale prelievo deve essere il più preciso possibile, evitando complicazioni al paziente.
La tecnica bioptica tradizionale prevede l’esecuzione di biopsie multiple random prostatiche, sotto guida ecografica. I prelievi vengono realizzati in diversi settori della ghiandola, senza però la possibilità di poter mirare l’area da campionare. Ciò è dovuto alla bassa accuratezza dell’ecografia nell’individuare le lesioni neoplastiche. I limiti della tecnica bioptica standard sono pertanto rappresentati dalla possibilità di mancato campionamento delle lesioni e dalla possibilità di campionamento di lesioni non significative.
Recentemente si è sviluppata una tecnica estremamente accurata, la biopsia a “fusione di immagini”. Tale metodica utilizza le immagini della RM per mirare l’esecuzione dei prelievi delle biopsie ecoguidate, combinando la precisione della mpMRI con le immagini ecografiche. Per l’esecuzione della “fusion biopsy” vengono, mediante un potente software, effettuate ricostruzioni tridimensionali della ghiandola, con il corretto posizionamento al suo interno delle lesioni sospette e si esegue un prelievo mirato, estremamente accurato e preciso, sulle cellule denominate e definite come sospette.
Cancro alla prostata: trattamento
Una volta diagnosticata una neoplasia della prostata, si pone il problema dell’indicazione al trattamento previa stadiazione.
Il radiofarmaco PET risulta il più utilizzato per lo studio della patologia. La PET con Colina può essere utile in fase di stadiazione di malattia, in seguito quindi alla diagnosi della patologia neoplastica, per pianificare correttamente la strategia terapeutica successiva. L’utilizzo della PET/TC con Colina presenta il grande vantaggio di esaminare, in un’unica sessione d’esame, tutti i distretti corporei nei quali, comunemente, si verifica una recidiva di malattia e di identificare tale recidiva con elevata accuratezza diagnostica.
I percorsi terapeutici attualmente sono molteplici. La sorveglianza attiva, le terapie focali, la chirurgia robotica, la radioterapia, la chemioterapia, la criochirurgia, la terapia ormonale o spesso, una associazione di queste.
Il trattamento più frequentemente utilizzato è l’intervento chirurgico laparoscopico con o senza assistenza robotica di cui la reale efficacia va ancora completamente dimostrata. L’atto chirurgico consiste nell’asportazione completa della ghiandola prostatica, delle vescicole seminali e, dove vi sia indicazione, anche dei linfonodi iliaco otturatori. La visione robotica permette di riconoscere anche i più piccoli dettagli anatomici, operando in 3d, e di eseguire l’intervento con una accuratezza superiore a quanto sia possibile ottenere con la con la chirurgia laparoscopica. L’intervento, nella maggioranza dei casi, è curativo in presenza di malattia localizzata e le sequele come l’incontinenza urinaria e la disfunzione erettile sono ancora oggi presenti ma contenute.
Le terapie non invasive si stanno diffondendo per la loro semplicità di esecuzione. Il trattamento focale è una valida alternativa terapeutica per quei pazienti accuratamente selezionati e adeguatamente informati. Se presentano le caratteristiche cliniche, le localizzazioni anatomiche richieste per questo trattamento possono rappresentare valide alternative. Lo scopo è quello di trattare in modo appunto focale, ovvero selettivo, la lesione neoplastica primaria, preservando i tessuti sani e soprattutto le strutture funzionalmente a rischio di lesione come lo sfintere uretrale e i fasci neuro vascolari, riducendo così le complicazioni più frequenti, come la disfunzione erettiva e i danni alla continenza, che possono minare lo stato di benessere psicofisico nel post operatorio.
Le fonti di energia utilizzabili a questo scopo sono varie:
• crioterapia
• brachiterapia
• ultrasuoni focalizzati (HIFU)
• terapia fotodinamica
• laser
• radiofrequenza.
Il follow-up prevede il controllo dell’area trattata, ma anche del resto della ghiandola, mediante i dosaggi del PSA, la ripetizione della RMN multi parametrica, l’esecuzione della re biopsia.
Va sottolineato, tuttavia, che secondo le più recenti linee guida europee sul tumore della prostata, la terapia focale rappresenta ad oggi un approccio sperimentale. Pertanto, tale opzione va considerata all’interno di studi prospettici di ricerca.
La radioterapia è una valida e certificata alternativa terapeutica. Utilizza le radiazioni ionizzanti nella cura dei tumori. Tali radiazioni, strutturalmente focalizzate mediante il ricorso a schermi particolari, agiscono selettivamente distruggendo le cellule tumorali mediante irradiazione in toto della ghiandola prostatica. Non sono terapie scevre da complicazioni post trrattamento talvolta anche gravi.
Trovano ampia indicazione nella ripresa della malattia e laddove non vi sia indicazione chirurgica. La brachiterapia a bassa dose prevede l’inserimento di semi radioattivi all’interno della ghiandola prostatica così da trattare il carcinoma prostatico localizzato.
Il tumore della prostata è una malattia caratterizzata da una prognosi che varia a seconda delle
caratteristiche del paziente e della malattia stessa. Lo sviluppo di modelli predittivi per la stratificazione dei pazienti con tumore della prostata consente di avvicinarsi con estrema precisione alla sopravvivenza media, e quindi di predire la storia naturale della evoluzione della malattia identificando i soggetti che possono beneficiare di determinati approcci terapeutici.
Circa il 30% dei pazienti operati di prostatectomia radicale è a rischio di recidiva, anche dopo molti anni dall’intervento chirurgico. Il dosaggio ematico periodico del PSA, comunque, consente di identificare in maniera precoce i soggetti che sviluppano una ripresa della malattia. L’identificazione precoce di questi casi consente un approccio combinato terapeutico adiuvante utile per il prolungamento dello stato di benessere e della qualità di vita.
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